Counseling e Psicoterapia Individuale
Noi non trattiamo i pazienti curandoli per qualcosa che è stato loro fatto nel passato; piuttosto, cerchiamo di curarli per qualcosa che ancora fanno a se stessi e agli altri, per adattarsi a ciò che fu fatto loro nel passato.
Philip J Bromberg
La terapia individuale di tipo sistemico-relazionale è una modalità terapeutica che mira a risolvere le difficoltà psicologiche che compromettono il benessere e la qualità della vita dell’individuo.
Questo tipo di terapia è utile sia in situazioni di sofferenza legate a momenti particolarmente difficili della vita personale, che possono portare sintomi quali attacchi di ansia e panico, insonnia, irritabilità persistente, così come per affrontare tematiche come autostima, tristezza costante, senso di fallimento.
La terapia consente di individuare le connessioni tra il mondo interno e il mondo esterno del paziente, ovvero aiuta la persona a comprendere quale sia l’origine del suo disagio, ad elaborare le eventuali situazioni traumatiche, oppure a comprendere come liberarsi da schemi disfunzionali di comportamento o di pensiero.
Questo modello di intervento psicologico si concentra quindi sui vissuti e sul mondo relazionale in cui ciascun individuo è immerso, permettendo così a terapeuta e paziente di individuare e sviluppare le risorse e le potenzialità di quest’ultimo, attivando un cambiamento che porti la persona verso un equilibrio più funzionale, orientato al benessere, alla crescita personale e a una migliore qualità di vita.
Il modo in cui ci relazionismo con noi stessi , in cui vediamo i nostri pensieri, le nostre emozioni, le nostre storie indirizza ogni aspetto della nostra vita: il modo in cui amiamo, lavoriamo, il modo in cui siamo genitori, amici e partner.
Spesso il modo in cui guardiamo noi stessi è rigido: siamo buoni o cattivi, di successo o falliti, timidi o estroversi, socievoli o solitari.
Può succedere che quello che vediamo quando ci guardiamo, che sia allo specchio e che sia quando ci guardiamo dentro non ci piaccia: non ci piace quello che pensiamo e soprattutto non ci piace quello che proviamo.
Tristezza, solitudine, senso di aver fallito in qualche aspetto della nostra vita.
E potrebbe capitare di giudicarci negativamente per alcune delle emozioni che proviamo e potremmo provare a metterle da parte, vergognandoci di provarle.
Siamo spesso abituati – per educazione e per le regole del quieto vivere quotidiano – a rispondere alla domanda: “Come stai?” con un sintetico e forse superficiale “Bene”, o con un “Tutto Ok”.
Può capitare che quel “Bene”, o quel “Tutto Ok” siano delle – seppur piccole – bugie.
Non sta bene condividere quello che non va, “i panni sporchi vanno lavati in casa” e molto probabilmente – pensiamo – al nostro interlocutore non interessa davvero come sto.
Viviamo d’altronde nel periodo della TIRANNIA DELLA POSITIVITÀ’.
Con il passare del tempo quei “Bene”, “Tutto Ok” si susseguono andando a formare un muro fra noi e la possibilità di essere ascoltati davvero, per come ci sentiamo dentro, per come siamo.
Essere visti per le nostre difficoltà quotidiane o per sofferenze più complesse, relazioni che non funzionano, pensieri che ci dicono che non facciamo o siamo abbastanza, pensieri che ci dicono che dovremmo essere e comportarci diversamente da come siamo e da come agiamo.
E così potrebbe capitare che iniziamo ad indossare una maschera, che nasconda agli occhi degli altri e – speriamo – anche ai nostri stessi occhi, le emozioni che non ci piacciono e che ci fanno male.
Le ricerche (ormai numerosissime) sulle emozioni ci dicono però che quando le emozioni vengono ignorate o messe da parte, diventano più forti.