Il Viaggio dell'Eroe
Una metafora per la Psicoterapia Individuale
Non saremo solo dei personaggi nelle nostre storie.
Né cattivi, né vittime...
neppure eroi.
Saremo gli autori delle nostre vite.
Noi scriveremo i coraggiosi finali delle nostre vite.
Gli esseri umani hanno raccontato storie sin dall’alba dei tempi.
Raccontare storie (oggi chiamato storytelling) è la più antica forma di comunicazione.
Raccontiamo storie per insegnare lezioni, per condividere messaggi, per motivare.
Viviano in un mondo fatto di storie e descritto attraverso le storie.
Le storie sono lo strumento tramite il quale organizziamo e comunichiamo il significato degli eventi e delle esperienze; esse costituiscono il ponte, il collegamento fra la cultura e l’individuo.
Le storie sono anche centrali per lo sviluppo del concetto di immagine di sé e dell’identità; secondo alcuni autori l’identità è proprio una forma di narrazione, che ci permette di interagire e reagire al mondo, agli eventi della vita e di possedere un’identità unitaria che rimane costante nonostante il passare del tempo ed il susseguirsi dei molteplici eventi della vita, (in esempio il bambino che coglieva i frutti dall’albero nel giardino della casa dei nonni è la stessa persona che oggi lavora in banca e ha due figli).
Come psicoterapeuta ascolto e analizzo le storie di vita dei miei pazienti.
Ascolto storie che parlano di perdite, della fine di amori, di lutti, ma parlano anche di gioia, di amori e di sogni che si realizzano e della capacità di sopravvivere nonostante il dolore, della capacità di adattarsi, cambiare ed essere felici nonostante le difficoltà.
Chiunque ha una storia da raccontare ed ognuno merita l’opportunità di essere ascoltato.
Il racconto, il narrare la propria storia (che parla di eventi vissuti in prima persona ma anche di eventi che riguardano le persone che ci sono vicine, i genitori, i figli, i partner etc.) sono una componente fondamentale della diagnosi e dell’intervento terapeutico e ogni terapeuta ne fa uso, talvolta semplicemente tramite il colloquio nella seduta, talvolta tramite uso di tecniche diverse, come il genogramma o il genogramma fotografico.
Anche le storie che ascoltiamo possono esercitare un ruolo importante nella costruzione della nostra identità e nel nostro modo di vedere il mondo e la vita.
Le storie che ascoltiamo, leggiamo e vediamo su uno schermo ci permettono di identificarci, di specchiarci, riconoscerci in uno dei personaggi o degli eventi narrati ed è proprio questa funzione rispecchiante delle storie il segreto della loro fascinazione.
La maggior parte delle storie che leggiamo in un libro o vediamo in un film rispecchiano una struttura particolare, quella dal “viaggio dell’eroe” per come concettualizzata da Joseph Campbell.
Joseph Campbell, storico delle religioni e di mitologia comparata, nonché’ profondo conoscitore delle teorie di Jung, sviluppa la sua riflessione alla ricerca di connessioni tra la mitologia e la psicologia analitica.
Per comprendere meglio la struttura proposta da Campbell dobbiamo avere presenti alcuni elementi fondamentali del pensiero junghiano.
Secondo Jung l’inconscio collettivo è una parte della psiche che si differenzia dall’inconscio individuale in quanto non deriva dalle esperienze personali dell’individuo, ma i cui contenuti sono gli stessi ovunque e per tutti gli individui.
L’inconscio collettivo è quindi identico per tutti gli esseri umani e costituisce un substrato psichico comune di natura sovra-personale.
Secondo Jung i contenuti dell’inconscio collettivo non sono mai stati coscienti, a differenza dei contenuti dell’inconscio individuale e quindi devono la loro esistenza esclusivamente al fatto di essere stati trasmessi di generazione in generazione.
Gli elementi che costituiscono l’inconscio collettivo sono gli archetipi.
Gli archetipi sono “immagini” comuni (per l’appunto “collettive”), presenti fin dai tempi remoti, sono una sorta di “modelli ipotetici”.
Due dei modi nei quali gli archetipi vengono espressi (e quindi resi parzialmente coscienti) sono il mito e la favola.
Campbell vede tutti i miti, le favole o i racconti popolari, come variazioni di una singola grande storia – il monomito – in quanto esiste uno schema comune al di sotto degli elementi narrativi che va al di là della loro origine geografica o del momento della loro creazione.
Lo schema individuato da Campbell è espresso particolarmente bene dal percorso che gli eroi, i protagonisti dei miti, delle storie e dei film, si trovano a dover affrontare.
Il richiamo all’avventura
Il viaggio dell’eroe inizia con il “richiamo all’avventura”, presentato all’eroe dal messaggero; se l’eroe deciderà di intraprendere il cammino si troverà a dover uscire dal mondo che gli è conosciuto, familiare e a doversi avventurare in uno spazio che gli è ignoto.
L’incontro con il mentore
Il cammino dell’eroe prosegue con l’incontro con il “mentore o vecchio saggio”, fra eroe e mentore si crea un’alleanza che permetterà all’eroe di progredire e portare a compimento il suo percorso.
Sulla strada dell’eroe si susseguono poi una serie di difficoltà, prove e cambiamenti, (che Campbell ha definito prima seconda e terza soglia) ma anche l’incontro con personaggi che offrono aiuto.
L’abisso
L’eroe incontrerà poi sul cammino il momento più complesso del suo percorso, il momento dell’abisso ma che si rivelerà poi anche il momento della rivelazione, della scoperta di qualcosa di nuovo nella storia e sopratutto nel carattere dell’eroe; questo è il momento della dinamica “morte-rinascita“.
Il ritorno a casa
A questo punto l’eroe è trasformato dal viaggio che ha compiuto ed arriva per lui il momento di riconciliarsi con il mondo che gli era conosciuto prima della partenza, di riconciliarsi con il suo passato ora che ha acquistato una nuova prospettiva e nuove capacità, è il momento del “ritorno a casa”.
Così nei miti, nelle fiabe, nelle leggende popolari e oggi, nei film – tutte rappresentazioni della psiche collettiva – ritroviamo il disegno dei singoli destini individuali che ciascuno di noi incarnerà in una storia.